Giulia Biffi e la “quadrupla elica”, una storia italiana
DNA: il codice della vita. Era il 1953 quando James Watson e Francis Crick ne scoprirono la struttura a doppia elica e il 1962 quando ricevettero, insieme al collega Maurice Wilkins il premio Nobel per la Medicina. Ora, 60 anni dopo, Giulia Biffi, una ricercatrice italiana dell’ateneo di Cambrige, fa una scoperta rivoluzionaria sulla struttura del Dna umano: nelle nostre cellule esiste un codice a “quadrupla elica”, finora dimostrato soltanto in provetta e colpire queste strutture potrebbe rivelarsi una strada inedita per combattere il cancro.
La rivista scientifica Nature Chemistry ha definito questo studio, finanziato dalla Cancer Research UK, “una vera pietra miliare” del progresso scientifico. Negli ultimi vent’anni, era già stato dimostrato che in laboratorio si potessero formare strutture di Dna composte da 4 filamenti, dette G-quadruplex o G-tetradi (perché tendono a crearsi nelle sequenze particolarmente ricche di guanina G, ovvero uno dei “mattoni” che costruiscono gli acidi nucleici), ma fino alla scoperta di Giulia Biffi, non era mai stato dimostrato che tali strutture esistessero in natura. E la ricercatrice, formatasi all’ università di Pavia prima di volare nel Regno Unito, è riuscita a “catturarle” grazie a speciali anticorpi fosforescenti disegnati appositamente.
L’ Università britannica ha osservato anche che queste strutture a 4 filamenti sono particolarmente numerose nel momento in cui la cellula si sta per dividere e moltiplicare, e che più il processo di divisione è rapido, più “quadruple eliche” esistono. Stando allo studio quindi, sembrerebbe che la struttura a “quadrupla elica” sia legata ad un momento specifico della vita cellulare e che se qualcosa andasse storto proprio in quel momento, questo potrebbe essere un punto cruciale per la nascita del cancro, anche perché altri studi pregressi avevano già dimostrato che un gene iperattivo, con alti livelli di Dna a 4 fili, è più vulnerabile a interferenze esterne. La nuova scoperta quindi potrebbe aver aperto strade inaspettate per la cura della malattia del secolo.
Vanessa Quinto
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