Il Tesoro di San Gennaro a Roma fino al 16 febbraio
A Roma, a palazzo Sciarra, è aperta fino al 16 febbraio, una mostra con pezzi straordinari del Tesoro di San Gennaro, il cui valore è stato stimato di gran lunga superiore a quello degli zar di Russia e della corona d’Inghilterra. Promossa dalla Fondazione Roma e organizzata dalla Fondazione Roma-Arte-Musei, la mostra ripercorre sette secoli di donazioni di Papi, Imperatori, di Re, Sovrani, uomini illustri e persone comuni a San Gennaro, Santo Patrono di Napoli, esponendo una tra le più preziose collezioni di arte orafa al mondo. L’esposizione è stata curata da Paolo Iorio, l’attuale direttore del Museo del Tesoro di San Gennaro e da Ciro Paolillo, esperto gemmologo e docente presso l’Università La Sapienza di Roma che hanno corredato la mostra di documenti originali, dipinti, sculture, disegni e arredi sacri, che restituiscono la straordinaria storia di un culto, una città, un popolo.
Colpiscono i visitatori, su tutti, due capolavori: la Mitria, in argento dorato con 3700 diamanti, rubini, smeraldi e due granati, creata da Matteo Treglia nel 1713 e la Collana di San Gennaro, in oro, argento e pietre preziose, realizzata da Michele Dato nel 1679, a cui sono state appese croci tempestate di zaffiri, diamanti e smeraldi donate da Carlo di Borbone, dai principi di Sassonia, da Maria Carolina d’Austria, Giuseppe Bonaparte e Vittorio Emanuele II.
Il Tesoro di San Gennaro è unico nel suo genere e si è mantenuto intatto da allora, senza mai subire spoliazioni o vendite. A proteggerlo la Deputazione della Real Cappella del Tesoro, organizzazione laica voluta da un voto della Città di Napoli il 13 gennaio 1527 deputata prima alla sovrintendenza sulla costruzione della Cappella dedicata al Santo nel Duomo di Napoli, poi alla difesa della collezione da minacce esterne. Ancora oggi formata da dodici famiglie che rappresentano gli antichi “seggi” di Napoli.
Il tesoro superò indenne le vicissitudini della guerra. Era stato portato nell’Abazia di Montecassino il 26 maggio del 1943 perché si riteneva che fosse un luogo assolutamente sicuro. Contenuto in tre casse di abete sigillate era stato portato lassù dal principe Stefano Colonna di Paliano, vicepresidente della Deputazione della Regia Cappella del Tesoro di San Gennaro ed affidato direttamente alla custodia dell’Abate Diamare. Quando poi sembrò chiaro che il monastero, diventato lo snodo chiave della linea Gustav, avrebbe potuto essere coinvolto negli attacchi alleati per lo sfondamento della linea tedesca, l’Abate acconsentì a far trasportare il Tesoro a Roma, in Vaticano. Il trasporto, curato da due ufficiali tedeschi Becker e Schlegel, avvenne il 16 ottobre 1943, poche ore dopo che a Roma, nel ghetto, erano stati rastrellati e deportati ad Auschwitz 1.024 ebrei.
Il Tesoro di San Gennaro, così, si salvò dal devastante bombardamento alleato del 15 febbraio 1944 che rase al suolo l’antichissimo monastero. Dal Vaticano fu riportato in “patria” nel 1947 anche grazie alla collaborazione di Giuseppe Navarra (soprannominato o rre di Poggioreale) che garantì la sicurezza nella riconsegna dell’intera collezione – intatta – all’arcivescovo di Napoli Alessio Ascalesi.
Non solo rubini, diamanti, smeraldi, dipinti di Luca Giordano, Aniello Falcone e Massimo Stanzione, ma anche una storia lunga 700 anni oggi in “prestito” alla Città Eterna: la storia di Napoli e del suo popolo verso San Gennaro, ancora oggi tanto venerato dai suoi fedeli (sono 25 milioni in tutto il mondo) che, con cadenza annuale e come segno di buon auspicio per la città, il 19 settembre regala alla sua terra il “miracolo” della liquefazione del suo sangue nel Duomo della città.
Fabio Pariante
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