La “Grande Bellezza” candidato all’Oscar
“La grande bellezza” di Paolo Sorrentino è entrata nella cinquina delle opere selezionate per l’Oscar che sarà attribuito al miglior film straniero. Pochi giorni fa l’ultimo riconoscimento che gli ha spianato la strada: ha vinto infatti a Los Angeles il Golden Globe assegnato da una giuria di critici e giornalisti al miglior film straniero. “Grazie all’Italia, un paese strano ma bellissimo”, ha detto il regista ritirando il premio. Era dal 1989 (con “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore) che l’Italia non vinceva il Golden Globe. Il premio si aggiunge ai tanti già ottenuti in Europa, tra cui gli Oscar del Cinema Europeo a Berlino, nel dicembre scorso, durante i quali La grande bellezza di Paolo Sorrentino ha ottenuto quattro riconoscimenti: miglior film europeo, miglior regia, Toni Servillo migliore attore, miglior montaggio Cristiano Tovaglioli.
In quell’occasione Servillo fece osservazioni molto puntuali che si sono rivelate valide anche in questi giorni dall’altra parte dell’oceano: “Esiste, evidentemente, una qualità italiana che all’estero sanno riconoscere. E’ una vecchia discrepanza, in Italia si ha vita più difficile, mentre all’estero si è apprezzati. Io credo nel genio italiano e, nonostante la nostra mania per lo sport dell’autoflagellazione, penso che all’estero quello che di noi si apprezza di più è la cultura, la nostra industria migliore».
In precedenza, al Festival di Cannes, il film – lungo quasi due ore e mezzo, è ambientato in una Roma bellissima ma decadente -aveva ottenuto un grande successo di critica, tanto da essere paragonato a “La dolce vita”, il capolavoro di Fellini di oltre mezzo secolo fa. “Un film di enorme ambizione: schiacciante, sfrontata e temeraria», ha scritto Paolo D’Agostini, critico cinematografico de La Repubblica.
Sorrentino assicura di aver voluto raccontare Roma con gli occhi del turista «come un visitatore sopraffatto dalla meraviglia. Come Marcello ne “La dolce vita” di Federico Fellini – continua il regista – Toni Servilo, alias Jep Gambardella (anch’egli giornalista, ndr) vive di notte e passa da una festa all’altra, da una donna all’altra, vedendo scorrere la grande città degradata, gente senza identità, persone sconfitte la cui sofferenza e tragedia umana viene esaltata dal confronto impietoso con la grande bellezza della città di Roma».
Ma le differenze con il film di Fellini sono anche più profonde: «Fellini – ha detto Servillo in una intervista a La Stampa – scrive il film in un Paese animato dallo slancio della ricostruzione e si sa che avrebbe dovuto chiamarsi La bella confusione. Era come se si fosse appoggiato a una balaustra e osservasse il panorama che la capitale gli offriva, Sorrentino quella balaustra non l’ha trovata e ci si è tuffato dentro».
Claudia Carpinella
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