Preraffaelliti a Torino: se la bellezza è un’utopia
Fino al 19 luglio il Palazzo Chiablese di Torino ospiterà la mostra “Preraffaeliti, l’utopia della bellezza”: un viaggio di conoscenza e di emozioni all’interno di un movimento artistico nato in Inghilterra nel 1848. Tra i quadri esposti – che normalmente dimorano alla Tate Gallery di Londra – vi sono Ophelia di John Everett Millais, L’amata e Proserpina di Dante Gabriele Rossetti, Prendi tuo figlio, Signore di Ford Madox Brown e Sidonia von Bork 1560 di Edward Coley. Tutte opere dai colori scuri e pregne di simbolismo, elemento cardine della corrente artistica. Nell’Ophelia, ad esempio, il dettagliatissimo paesaggio naturale che si apre attorno alla fanciulla si compone di un salice, dell’ortica, delle margherite, associati all’innocenza; ma anche delle olmarie appassite che simboleggiano la vanagloria e la superbia nella vita. Infine, il topic del quadro, ovvero la morte, è rappresentato dal papavero che galleggia al fianco della ragazza.
Sullo stesso tema è incentrato anche “Proserpina” di Dante Gabriele Rossetti: la ragazza rapita dal dio degli Inferi fa immaginare movenze sensuali. I capelli neri ed il melograno mordicchiato che l’ha resa colpevole simboleggiano la morte. Anche stavolta il soggetto principale – come nella maggior parte delle opere preraffaellite – è una donna, ritratta spesso come vittima o colpevole di qualcosa che pone fine alla sua vita.
Il concetto di bellezza come utopia nasce dalla volontà di questi pittori di uscire dagli schemi superficiali della società vittoriana, basata sull’ apparenza e su pregiudizi sociali. Secondo i preraffaelliti è bello ciò che è nostalgico, naturale, spontaneo, legato alla sua essenza e sciolto dalla speculazione che se ne fa intorno. Una concezione intimamente nobile che li ha portati a differenziarsi dagli umori del tempo. E ad essere ricordati ancora oggi.
Giulia Coia
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