Scandalo all’Istituto di Cultura Italiano di Bruxelles
Irrompe la bufera sull’Istituto di Cultura Italiano in Belgio. Rimossa la direttrice, Federiga Bindi, finiti alla Corte dei Conti i libri contabili e, ciò che più stupisce, raccolte decine di testimonianze di insegnanti che per anni hanno lavorato senza un regolare contratto, in altre parole “in nero”. Proprio così. Decine di docenti che impartivano lezioni sull’idioma gentile non solo a cittadini belga, ma anche a funzionari della Commissione Europea e a professionisti stranieri senza nessun riconoscimento degli oneri fiscali e contributivi, senza nessun accordo formale che li vincolava all’Istituto. In pratica i docenti erano chiamati direttamente in virtù dei loro titoli universitari ed era lo stesso Ministero degli Affari Esteri a non richiederne la regolarizzazione. Almeno stando a quanto ha dichiarato l’ex direttore dell’IIC di Bruxelles, Pieraluisa Bianco. In questo modo da anni il centro poteva esibire bilanci in attivo e vantarsi della propria indipendenza dai fondi del governo italiano. Non solo, le entrate erano sempre in crescita e se si osservassero i libri contabili, tutti scritti a penna, potremo rilevare che nel 2007, a fronte di entrate per le iscrizioni ai corsi a pagamento di 339.000 euro, si sono corrisposti “solo” 152.000 euro di compensi al personale docente. Per anni poi, sulla base di convenzioni e gare d’appalto, gli stessi docenti sono stati inviati a insegnare ai funzionari della Commissione Europea e del Parlamento Europeo, con un profitto sempre crescente: 34mila euro nel 2002, 62mila nel 2003, 93mila nel 2007, 120mila nel 2009. O ancora: nel 2003 le entrate per corsi presso IIC e istituzioni europee ammontavano a 151.000 euro, le uscite per gli insegnanti che li hanno tenuti a 80.000, generando un utile in bilancio 71mila euro.
Tra l’altro se ci si domandasse dove finivano tutti questi soldi, basterebbe osservare le fatture dei ristoranti e delle sale da ricevimento della capitale europea. Troveremmo conti da 16.000 euro, banchetti luculliani e ricevimenti degni del Grand Hotel.
Per ora l’ex-direttrice si difende dicendo che al suo arrivo la situazione era addirittura peggiore e che «Procederò nei modi e nelle forme appropriate per poter ristabilire la verità dei fatti e la mia integrità professionale, fisica e morale». Sembra una frase già letta e sentita; ora toccherà, come sempre in questi anni agli inquirenti e alla magistratura ripartire le responsabilità che, è chiaro, tutti hanno.
Sabato Angieri
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